Marchionne, un'altra occasione persa... Per tacere.

Dortmund, 31/07/2013
 
In un tempo morto durante i test, ho avuto la balzana idea di leggere due notizie su quel che accade nell'italica terra, da una prospettiva diversa.

Mi balla subito l'occhio nel leggere il seguente titolo:
DOPO LA SENTENZA DELLA CONSULTA sulla rappresentanza sindacale Marchionne:
«Le condizioni industriali in Italia rimangono impossibili».

Un'altra occasione perduta, per tacere, questo il primo pensiero che mi salta in testa.
 
Leggo rapidamente l'articolo e mi dilungo anche sui commenti.

Quello che è sorprendente è che molti non abbiano neppure compreso il testo.

Marchionne NON si lamenta delle troppe tasse, dei servizi per industrie inesistenti, della mancanza di infrastrutture, il che sarebbe comprensibile e condivisibile, lapalissiano in un paese che non ha una chiara politica industriale ed energetica.

Il manager si lamenta della sentenza relativa all'esclusione della FIOM dalla rappresentanza sindacale, in quanto non firmataria degli accordi.

Oltre al modo arrogante cui ormai ci ha abituato, definendo le condizioni industriali italiane impossibili e paventando pure il trasferimento della sede legale di Fiat in Olanda, con un atteggiamento tipico del bambino che porta il pallone e pretende di dettare le regole (assurde molto spesso), si evince una chiara intenzione al totale disimpegno del gruppo verso l'Italia, mancando investimenti ed un chiaro piano industriale.

Guardarndo bene poi i risultati ci si accorge che il gruppo Fiat ha realizzato nel secondo trimestre ricavi pari a 22,3 miliardi di euro, cresciuti del 4% rispetto al secondo trimestre 2012 (+6% a parità di cambi di conversione) trainati da America del Nord, Asia e America Latina, mentre in calo del 3% i ricavi in Europa.

Marchi di lusso e sportivi sono in crescita del 14%. Le consegne a livello mondiale dei marchi generalisti del gruppo Fiat sono in aumento del 5% a 1,2 milioni di veicoli, con incrementi a doppia cifra in America Latina e Asia, del 4% in America del Nord, mentre si registra un calo del 5% in Europa.

Chrysler invece ha chiuso il secondo trimestre con ricavi netti del trimestre pari a 18 miliardi di dollari, in aumento del 7% rispetto a un anno fa. E le sue consegne a livello mondiale sono state 660 mila, in aumento del 5% rispetto ai 630 mila del 2012.

Leggendo questi dati non si può che dar ragione a Marchionne, occorre puntare su Asia, America Latina con le carabattole che negli ultimi anni Fiat ha saputo sfornare ed invece al Nord America con i marchi di lusso, Ferrari, Maserati ma sopratutto Chrysler, poco lusso ma molto patriottica.

In Europa conviene alzare bandiera bianca, inutile competere con i concorrenti, tedeschi, coreani e giapponesi in primis e poco francesi, occorre spendere il meno possibile in sviluppo e pubblicità.

Si continua a vivacchiare e si cerca di erodere i diritti dei lavoratori per raschiare i rimasugli dal fondo del barile.

Quindi fin qui la politica di Marchionne non fa una piega ed anzi si dimostra proficua nel portare avanti gli interessi di un gruppo che solo nel nome è rimasto italiano.

L'impressione strisciante però è che non innovando e non investendo nulla su tecnologie quali ibrido, mobilità elettrica, Fiat, si troverà a breve esculsa dal mercato del vecchio continente e rischia di perdere la sua ancora di salvezza rappresentata dai mercati Asiatici e Sudamericani, a causa della presenza sempre più massiccia dei costruttori Coreani, che stanno producendo mezzi competitivi sia come prestazioni/qualità che prezzo. A quel punto sarà difficile rianimare la vena inventiva italica ed un indotto ormai collassato da tempo od in mano a concorrenti.

Quello che è fastidioso è questo continuo stillicidio di ultimatum e minacce, di false promesse fatte con il solo scopo di prender tempo e lasciare che lentamente la malaticcia FIAT(Italia) scivoli nel sonno e trapassi senza neppure accorgersene.

In conclusione, che Marchionne faccia delle richieste sensate, attui un piano di sviluppo  concreto, oppure tragga le conseguenze e tenga fede a quanto ha promesso più volte, faccia sparire l'intero gruppo FIAT dall'Italia, lo porti in paesi dove le infrastrutture funzionino, dove le relazioni sindacali siano più semplici, gli stipendi e le tasse più bassi, ma senza fare troppe ciance, perchè questa situazione di stallo e di inedia non può essere producente nè per Fiat, nè per i lavoratori.

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